PALEOLITHIC ART MAGAZINE


EUROPA



L'OSSERVAZIONE DEGLI ASTRI A FINI DI CULTO NELLA PIU' REMOTA ANTICHITA'
ATTRAVERSO LA LETTURA DEI MITI

Licia Filingeri






Fig.1 Obelisco - Roma, Piazza del Popolo.
altezza m.23,20; peso 235 tonnellate.
Fu il primo obelisco ad essere portato a Roma dall'Egitto, nel I sec. a.C., da Augusto.
Fu posto sulla spina del circo Massimo quale simbolo del Sole.
Decorato da Seti I (" colui che riempie Eliopoli di obelischi perchè i loro raggi possano illuminare il tempio di Ra") e Ramesse II ( "colui che produce monumenti innumerevoli come le stelle del cielo.Le sue opere raggiungono il cielo")




Un mito delle Isole della Società così narra la creazione del mondo:
"L'Unico fu l'antenato di tutti gli dei; egli creò ogni cosa; si sviluppo' in solitudine; fu il genitore di se stesso. Restò seduto nella sua conchiglia, al buio, per milioni di epoche: La conchiglia era come un uovo rotante nello spazio infinito, senza cielo, senza terra, senza luna, senza sole, senza stelle. Finalmente Ta'Aroa dette alla sua conchiglia un colpetto che produsse una fessura: sgusciò fuori e vide di essere solo. Alla fine si stancò di quella conchiglia e sgusciò fuori da un'altra, e quella da lui aperta per prima diventò un cielo limitato. Egli visse in quel cielo limitato in completa oscurità, e così diventò un fanciullo.Ma dentro di lui conservava questi esseri: memoria, pensiero, contemplazione e osservazione; essi scopersero la terra. Egli si diede nome da sè, e per opera sua esistettero tutte le cose.. Evocò gli dei , ed essi nacquero nelle tenebre. Perciò il cielo fu chiamato il cielo degli dei. Molto più tardi fu creato l'uomo" (libera riduzione da T.Henry, Ancient Tahiti, Honolulu, 1928) .

Dunque, memoria, pensiero, contemplazione e osservazione: questi esseri scopersero la terra .

E il cielo.

Si tratta quindi di un processo di evoluzione interna.
Non vi è dubbio che la contemplazione della volta celeste abbia potentemente contribuito al sorgere dell'idea di trascendenza nell'uomo del Paleolitico, con il verificarsi di una presa di coscienza del simbolismo sotteso.
Verosimilmente, presto si intrecciarono elementi di magia, totemismo, animismo, per cui è ipotizzabile che precocemente l'uomo abbia proiettato sugli astri che si susseguivano nel cielo sue fantasie, in cui il mondo della natura, principalmente quello animale e quello dei suoi simili, erano variamente implicati in una vicenda ricorrente e ricca di significati, segni e segnali, oltre che di simboli. E da questi, egli deve aver cercato di trarre indizi e spiegazioni riguardanti fenomeni di ordine trascendente, in primis la morte, venendo così a porre le basi di un patrimonio spirituale, fondamento della religione stessa, ma anche di tutto ciò che ha a che fare con l'irrazionale.
Oltre a ciò, tali segni e segnali presto si dovettero rivelare utili per avere indicazioni pratiche, ai fini della sopravvivenza, sulla qualità del tempo ( pensiamo ad esempio ad indicazioni di tipo meteorologico, utili per caccia e raccolto)
Le stelle molto presumibilmente costituivano la principale fonte di orientamento nel tempo e nello spazio.
Non è infatti possibile orientarsi senza punti di riferimento stabili, assoluti, e questi, inizialmnte, non potevano che essere costituiti dalle costellazioni ( cfr. L.Filingeri, Lo scorrere del tempo nella rappresentazione mentale e materiale dell'uomo del Paleolitico e La più antica rappresentazione conosciuta della luna).
Così, l'osservazione del cielo pose le basi dell'osservazione scientifica.

Dunque, le vicende degli astri appaiono da sempre strettamente connesse con quelle della vita sulla terra, a tal punto che le costellazioni stesse, nella loro denominazione, riflettono la cultura degli uomini che diedero loro un nome.
Noi oggi siamo debitori a questi antichi popoli che hanno costruito per noi la mappa del cielo, denominando e distinguendo quegli stessi astri da cui, ancor oggi, in un'epoca di sofisticatissima tecnologia, partiamo per fare le nostre osservazioni di base.

Quale poteva essere allora il rapporto tra uomo e astri, in quell'epoca lontana della nostra storia di cui ci restano solo tracce, per molti versi ancora per noi scarsamente decifrabili?
In particolare, che rapporto potè intercorrere tra gli astri e la spiritualità dell'uomo?

Dei riti di culto collegati al cielo e alle sue vicende astronomiche interpretate come manifestazioni di divinità ci parlano grandi monumenti megalitici dei tempi più remoti Luoghi di culto post-paleolitici di pianura con scultura, come menhir, dolmen, pietre erette, giganteschi complessi, di cui Stonehenge è diventato il simbolo che in qualche modo li racchiude tutti, e che ha in sè doppia valenza di limite spazio-temporale, complesso sacro per riti di culto e osservatorio astronomico.
Questa sacralità collegata alla volta celeste si conserverà per lunghissimo tempo.

I tekhenu degli Egizi, i messalah degli Arabi, quelli che poi vennero denominati obelischi, noti già anche anteriormente al XX secolo a.C., altro non erano che una forma evoluta di monoliti sacri alle divinità solari del sorgere e del go down, il cui centro religioso per eccellenza era Eliopoli: Plinio il Vecchio tramanda che essi rappresentavano i raggi del sole. Derivavano dallo Gnomon babilonese, bastone piantato nel terreno, la cui ombra proiettata in terra scandiva sia lo scorrere delle ore nella giornata, sia momenti particolari nel corso dell'anno, come i solstizi e gli equinozi.

Presso i Romani, il tempio stesso rappresentava una parte del cielo racchiuso entro limiti ideali, e proiettato sulla terra, da cui il particolare orientamento di templi e luoghi di culto in genere, in rapporto ai punti cardinali. Da notare che tempio e tempo hanno una stessa radice, ed è implicito un loro legame con il "Tutto infinito", con la divinità suprema.

Perciò, tra le varie scienze, anche l'Archeoastronomia, studiando le credenze e le pratiche astronomiche dei popoli più antichi, può essere di ausilio alle altre scienze, archeologia, paletnologia, antropologia, archeoarteologia, nell'indagare, oltre che la mente dell'uomo preistorico, e il significato di sue opere in pietra giunte fino a noi, anche la sua cultura spirituale, svolgendo appunto indagini sul rapporto tra astri, miti e riti di culto.
Nel 1740, William Stukeley, studiando il complesso megalitico di Stonehenge, osservò che l'asse principale era orientato in direzione del solstizio d'estate al sorgere del sole.
In seguito, l'astronomo britannico Joseph Norman Lockyer, verso la fine della sua vita, si interessò agli allineamenti megalitici, in particolare Carnac e Stonehenge, e ai loro rapporti con l'astronomia, utilizzandone i dati in congiunzione con i calcoli riguardanti la precessione degli equinozi, rilevando allineamenti verso diversi corpi celesti, e cercando sia stabilire connessioni con le religioni astrali e i primi calendari, sia di stabilire o confermare le date di costruzione di quei complessi megalitici.
Ad essi si aggiunse poi Max Müller (Contributions à la science de la mythologie, 1897) con ricerche di mitologia classica e di filologia, volte a dimostrare che dall'interpretazione dei fenomeni celesti, in particolare del dio Sole, erano derivate tutte le credenze religiose degli uomini della Preistoria. Alla teoria della "diffusione solare" aderirono Max Müller, Alfred Jérémias, e Andrew Lang .
In seguito, l'Archeoastronomia si è appoggiata soprattutto all'archeologia.


E' indubbio che i miti riportano a noi la storia delle Origini, la perenne ricerca di un legame con il trascendente. Non a caso, primi in quasi tutte le culture vengono i miti cosmogonici.
Nei miti, il comportamento umano è messo in correlazione con gli eventi primordiali.
Di conseguenza, una via per scoprire vestigia dell'importanza degli astri nell'immaginario anche religioso dei popoli antichi può essere costituito dall'investigarne le tracce residue presso popolazioni indigene del nostro tempo che hanno mantenuto questa tradizione.

Presso i Wlijmbaio dell'Australia, l'essere supremo, Nuralle, dà anche il nome ad una costellazione, ed è protagonista di un mito, in cui si racconta come egli ogni 28 giorni distrugga la luna, frammetandola in nuove stelle, e detremini il sorgere e go down del sole.
Sempre in Australia, presso le tribù del Kulin. un essere supremo, Mami-Ngata ( che significa "Nostro Padre"), è signore del cielo, e suoi figli sono le stelle.
Nella mitologia narrinyeri, l'essere supremo Nurrundere, di cui il tuono è la voce quando il dio è incollerito, presiede al cielo stellato.
Numerosi sono i miti australiani, soprattutto della parte sud-orientale e centrale, incentrati sulle costellazioni, in quanto sempre l'essere supremo ha la sua sede nel cielo e si manifesta attraverso i fenomeni celesti, essendo egli stesso un essere celeste ( Vedi a questo proposito A.W. Howitt, The Native Tribes of South-East Australia , London, 1904, pp.491-500).

In Giappone, una leggenda narra di Pinyin Pan Ku, secondo la tradizione taoista essere primordiale all'origine del cosmo, all'uscita dal caos: le stelle sarebbero state originate dai suoi capelli, ed egli avrebbe collocato nel cielo, al loro posto, sole , luna, stelle e pianeti.

In una tavoletta dell'isola di Pasqua, in un cantico ad un essere supremo, si canta."Quali sono i poteri del gran Re dell'universo? Egli ha il potere di creare le stelle..."

Spostandoci verso l'Indonesia, nel Borneo, presso i Dajaki Ngadju la volta celeste con gli astri nasce dalla collisione delle due eccelse e preziose montagne che simboleggiano le due divinità supreme, il dio del mondo di sopra, l'uccello-unicorno Mahatala, e la dea del mondo di sotto.

In Africa, presso i Boscimani, grandi osservatori delle stelle, il termine dio è Kagan, che significa "padre che sta in alto, che dimora nel cielo"; Khonuum era il dio supremo, colui che ogni notte raccoglieva i resti sparsi qua e là del sole morente, li metteva in un sacco, e poi li ricomponeva perchè il sole , il giorno seguente, potesse rinascere.
Presso i Bantu orientali, le stelle sono le giovenche del dio Ruwa, che abita sul Kilimanjaro.
Per gli Ashanti, l'essere supremo e creatore si chiama Njongmo, e le stelle sono considerate l'ornamento del suo volto.


Nell'America settentrionale, presso i Sioux, il cielo è visto in maniera antropomorfa, ed è diviso in maschile e femminile, per cui le stelle della regione orientale sono maschi, femmine quelle della regione occidentale..
Per gli Skidi-Pawni, la distribuzione dei villaggi riproduce quella delle stelle in cielo.
Presso i Sia (forse coincidenti cogli Hopi o Pueblos del nuovo Messico ed Arizona), l'essere supremo creatore Sussistiunako fece salire, per il bene degli uomini, il popolo delle stelle.
Per gli Huicol, la madre del Sole, che dall'alto osserva ogni cosa, ha la veste cosparsa di stelle.
Nell'elaborata mitologia dei Wichita (area del fiume Arkansas.Texas), che risente del forte impatto sul loro animo della natura, le stelle sono assai importanti. Le principali divinità sono Sole o Astro-che -è-sempre -in-moto, Luna o Donna splendente, Stella del Mattino o Apportatore -della-Luce. In un mito della creazione di questa cultura si narra come Colui-che-rischiara illumini il mondo, aiutando gli esseri umani e conferendo loro grandi poteri. Donna splendente e Stella del Mattino a loro volta, dopo aver vissuto sulla terra come uomini ed aver adempiuto alla loro missione di progenitori, si trasformano in stelle, dimorando per sempre nel firmamento ed adempiendo di lassù ancora alle loro vigili e soccorrevoli mansioni nei confronti degli uomini.
Nel Mito delle Origini degli Hopi di Oraibi, Pueblos Occidentali, Arizona, parlando degli uomini e delle altre creauture che vennero su dai mondi cavernosi per cercare di fare la luce, si narra che essi confezionarono la fodera di uno scudo con una pelle di daino di estremo candore, tinta di color turchese, che subito emanò una luce tanto splendente da illuminare tutto il mondo. Essi inviarono la luce verso Oriente, e divenne il Sole. Ad Occidente, divenne la luna. Il Lupo delle praterie, curioso di scoprire il contenuto di una pesantissima giara, l'aperse alla luce, e ne scaturirono fuori miriadi di piccoli frammenti luminosi e scintille, che salendo verso l'alto diedero vita alle stelle. Tanta luce fece scoprire la piccolezza del mondo e la presenza di una gran massa di acque, e questo dide luogo a una serie di riflessioni e di atti, che mutarono la fisionomia del mondo.

Nell'America meridionale, si incontrano le stelle come pleiade primordiale, o gruppo collettivo.
Presso gli Apapocuva, (Guarani), le tigri o giaguari che coesistono con l'essere celeste (Kamuscini), sono appunto le stelle.
Presso i Catiò della Colombia , il dio del cielo, Caraga bì, dopo aver creato uomo e donna dal fango, decise di collocare in cielo sole e luna, che chiesero di posizionarsi più lontani del posto loro assegnato, per non bruciare o gelare la terra, poi sistemò luce e stelle, prima di proseguire nell'opera di creazione.
Per i Yaruro del Venezuela il Sole viaggia in una canoa dall'Est all'Ovest. Le Stelle, sue figlie, vanno in giro la notte e la Luna, sorella del sole, viaggia in una barca..Tutti gli uomini della terra sono figli del Sole e dell'India Rosa. Secondo altre fonti, fu l'india Rosa a venire per prima, e il Sole è suo figlio.
L'essere supremo Ulracocha, presso i Quechua del Perù, che inizialmente dimorava in un mondo privo di sole, luna e stelle, creò poi , dopo alterne vicende, ogni cosa, e il suo nome divenne Ulracocha Pachaiadhachic, che vuol dire Creatore-di-tutte-le-cose. A proposito dell'origine dei corpi celesti, il mito narra che la luna fosse più luminosa del sole e che il sole, invidioso, le gettasse sul viso una manciata di cenere, prima di ascendere al cielo: questa è la ragione delle macchie oscure che si vedono sulla faccia della Luna.
Presso gli Jivaro (Ecuador orientale)Etsa il Sole, figlio del creatore Kumpara, ebbe in moglie la Luna, Nantu, dopo alterne vicende di corteggiamento, in cui la Luna, fuggì, dipingendosi il volto di nero (origine delle macchie lunari e della notte), finchè i due si percossero a vicenda (questa sarebbe l'origine delle rispettive eclissi) fino alla sconfitta della luna che ne pianse (quando la luna è rossa, significa che sta per piovere). Nella gravidanza dopo la loro unione, troviamo le origini della luna crescente e decrescente

Come si vede, in questi miti delle Origini, i destini umani e quelli delle divinità celesti sono strettamente intrecciati.
Dunque, gli esseri supremi si individuano sempre in un essere celeste, un dio uranico, e in genere gli esseri celesti hanno delle caratteristiche comuni e costanti.
La loro sede è nei cieli, e spesso le stelle sono ornamento, o luce, o difesa. o animali, o segnali, o mogli o figli, comunque loro creazione.
A volte, inoltre, le stelle hanno con l'Essere supremo rapporti particolari (come le Pleiadi), o sono simbolo di catastrofe ( come le comete: la cometa di Halley è la stella per eccellenza dell'essere supremo Cuok)

Vediamo ora cosa può essere ricavato dai primi documenti relativi alle grandi civiltà storiche scomparse.
E' noto che l'Astronomia ebbe grande rilevanza in Mesopotamia ( siamo intorno al 3000 a. C ), scienza e religione ad un tempo.
Proprio presso i popoli della Mesopotamia si colloca l'origine storicamente accertata di quel corpus di miti che ha dato inizio alla mitologia greca prima, e poi a quella romana.

Presso i sacerdoti sumeri, babilonesi ed assiri, la scoperta delle stelle erranti aveva dato luogo all'identificazione, in esse, delle divinità: dopo la triade delle divinità più antiche di carattere cosmico, di cui Anu rappresentava il firmamento celeste, erano stai individuati Shamash, il Sole; Sin/Su'en, la Luna; Ishtar, Venere; Marduk, Giove, Nergal, Marte, Ninurte, Saturno e Nabu, Mercurio; infine, queste entità erano state raggruppate nel gruppo degli Igigi, divinità celesti di origine semitica, che dimoravano nel cielo intermedio; il cielo superiore, era residenza di Anu, dio del cielo; le divinità astrali avevano sede nel cielo inferiore.
La ziggurat Etemenanki, con la sua mole imponente, era la "casa del fondamento del cielo e della terra".

Per i popoli della Mesopotamia, che possiamo qui assumere come un modello storico per tentare qualche inferenza sui percorsi di pensiero dei nostri più antichi antenati, ogni fenomeno della natura doveva essere sotto l'egida di qualcuno, certo un dio, e di dei, presso quelle popolazioni, ne troviamo un numero esorbitante, più di mille.
Per i popoli della Mezzaluna fertile, come per quasi tutti i popoli della terra di ogni tempo e paese, il sommo dio si identificava col sole, in quanto astro per eccellenza, splendente, origine della vita, luce e calore, che tutto anima , osserva e giudica.

Col tempo, piano piano, accanto a questo corpus di miti, sarebbe cresciuto il versante scientifico dell'osservazione degli astri, e l'astronomia sarebbe divenuta una scienza a sé stante.

Nel poema in esametri Fenomeni di Arato di Soli (320-240 a.C.), nella prima parte si tratta di apparizioni e leggende riferite al cielo, parlando di stelle fisse, pianeti, sfere celesti e zodiaco. Si descrive un antichissimo globo terrestre, raffigurante tutte le costellazioni conosciute (20 nell'emisfero nord, 13 nella fascia dell'eclittica, e 12 nell'emisfero sud), di cui Eudosso da Cnido (408-355 a.C. circa), matematico e astronomo amico di Platone ( che conosceva quest'opera , v.VI e VII libro di Repubblica) , era entrato in possesso nel corso di un viaggio in Egitto. Tale raffigurazione, secondo le ricerche dell'astronomo Michael Ovenden, sarebbero opera di un popolo vissuto intorno al 2300 a.C., forse i Cretesi. La supposizione può essere verosimile: i Cretesi furono grandi navigatori e commercianti, Micene, Tiro e Troia erano usualmente sulle loro rotte;inoltre, furono profughi in Siria e in Grecia dopo la catastrofica distruzione della loro civiltà.
Non passeranno molte generazioni, e anche presso i Romani l'aspetto scientifico dell'osservazione dei fenomeni celesti si imporrà: nel De rerum natura, Lucrezio ( I secolo a.C.) racconta :
"Se il cielo può sempre animarsi di stelle
e il sole trova nel ceruleo cielo alimento per la sua fiamma,
è perchè là si raccoglie tutto il calore fuggendo dalla parte di mezzo."
(De Rerum Natura, I, vv 1089-191).

Ma questa è un'altra storia.



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