PALEOLITHIC ART MAGAZINE

EUROPA



LE TRE ETÀ DELL'UOMO

Licia Filingeri


"... sono dua generazioni di combattere: I'uno con le leggi, I'altro con la forza: quel primo è proprio dell'uomo, quel secondo delle bestie: ma perchè il primo molte volte non basta, conviene ricorrere al secondo. Per tanto, a uno principe è necessario sapere bene usare la bestia e l'uomo...
Essendo adunque un principe necessitato saper bene usare la bestia, deve di quelle pigliare la volpe e il lione; perchèil lione non si difende da' lacci, la volpe non si difende da' lupi. Bisogna, adunque, essere volpe a conoscere i lacci, e lione a sbigottire i lupi. Coloro che stanno semplicemente in sul lione, non se ne intendono. Non può, per tanto, un signore prudente, nèdeve, osservare la fede, quando tale osservanza gli torni contro e che sono spente le cagioni che la fecero promettere."
(Nicolò Machiavelli, Il Principe, cap. XVIII)

"Essendo ...gli appetiti umani insaziabili, perche', avendo dalla natura di potere e volere desiderare ogni cosa, e della fortuna di potere conseguitarne poche; ne risulta continuamente una mala contentezza nelle menti umane... il che fa biasimare i presenti tempi, laudare i passati, e desiderare i futuri."
(Nicolò Machiavelli, Discorsi sopra la Prima Deca di Tito Livio)




A Tiglieto (Genova, Italia) è stata trovata da Pietro Gaietto una scultura litica in pietra locale di colore bruno chiaro, alta cm.13, attribuita al Paleolitico superiore. ( Fig.1)

Fig.1 Scultura antropomorfa trifronte di Tiglieto


La sculturina "raffigura tre teste unite con sguardo in tre diverse direzioni...sembra che rappresenti le tre età. In questo senso, il significato, con le naturali diversificazioni che tempo, spazio ed evoluzione culturale comportano, trova un parallelo con una scultura zoomorfa su osso (Paleolitico superiore, Francia), raffigurante un teschio di cavallo, una testa di cavallo e una testa piccola di puledro, tema di culto del Musteriano, che simbolicamente rappresenta le tre età." (Gaietto, 1982).
L' interpretazione di Gaietto relativa alle tre età, dunque, trova, come da lui stesso osservato e documentato, diretti parallelismi con questa scultura maddaleniana, probabilmente impugnatura di un arpione per la pesca. (Fig.2)

Fig.2 Scultura maddaleniana su osso, Francia, rappresentante tre teste di cavallo


Questo tema del culto ha le proprie radici nel Musteriano.

Da Palo (Savona, Italia) proviene un'altra scultura tricefala paleolitica, trovata da Gaietto, alta 14 cm., raffigurante una testa umana, con una piccola testa sulla fronte e un'altra unita con sguardo in direzione opposta. Le due teste grandi sono di Homo sapiens sapiens, la piccola sulla fronte non è chiara. Si tratta tuttavia di una variante del bifrontismo, un tipo frequente.(Fig.3)


Fig.3 Scultura con tre teste di Palo


Facendo ricerca, si possono scoprire significativi parallelismi tra questa scultura paleolitica trifronte e sculture trifronti di epoca storica, e anche con raffigurazioni più tarde in pittura, oltre che con molti esempi in campo letterario.

Prima di approfondire il discorso sul tricefalo, può tuttavia essere utile cercare di capire l'origine del trifrontismo.

Una prima osservazione riguarda il legame del trifrontismo col numero tre.
Il tre, numero fondamentale per antonomasia, convenzionalmente espressione di ordine spirituale ed intellettuale, numero del cielo, implica l'idea di superlativo: simboli, miti, favole e leggende ce ne offrono un repertorio infinito.
I proverbi recitano: "Non c'è due senza tre"; "Omnia trina sunt perfecta", dicevano i Latini.
Secondo
Severino Boezio ( filosofo e poeta latino 480-526 d.C.), autore tra l'altro del trattato Geometria, la prima superficie è il triangolo, in cui ogni figura geometrica può essere suddivisa. Il triangolo equilatero è simbolo di armonia e del divino: l'uomo corrisponde alla sua metà, cioè al triangolo rettangolo, che a sua volta, secondo Platone, rappresenta la terra.Tuttavia, nella tradizione giudaica, il triangolo equilatero rappresenta Dio. Per il suo forte simbolismo, lo troviamo in diverse civiltà , in Oriente come in Occidente, come elemento ornamentale.

Per i Pitagorici , anch'essi concordanti col pensiero delle varie Teogonie relativamente al preesistere del tempo ad ogni altra cosa, "tutto è numero", in quanto si trovano nel numero analogie con tutti gli accadimenti, tanto da ritenerlo l'elemento costitutivo di tutte le cose. I numeri secondo i Pitagorici provenivano dall'Unità, che è pari e dispari, ed è divina. Lo spirito eterno stesso era collegato con le forme eterne dei numeri.

Secondo la scuola di Pitagora, il numero tre esprimeva la perfezione ( già Platone diceva che il ternario era il numero dell'idea, esprimendo il dinamismo morale e spirituale). Del resto, la filosofia pitagorica era imperniata su tre cardini: 1) l'idea dell'immortalità dell'anima; 2) la sua trasmigrazione da un corpo all'altro; 3) il ripresentarsi ciclico degli avvenimenti.

Tre era il numero misterioso per eccellenza, il simbolo della terra, il primo numero maschile, il numero dell'armonia composto di unità e diversità.
Il triangolo, come ricordato, era la prima figura perfetta; sul piano del mondo spirituale, esso era la prima concezione della divinità, il "veicolo della divinità invisibile"
Sembra dunque prefigurarsi un interesse previlegiato con sullo sfondo una riflessione sul tempo, in rapporto alla vita umana.

Aspetti della natura e oggetti creati dall'uomo si rifanno spesso alla simbologia del numero tre.
La montagna più alta della Slovenia, il Triglav (Monte Tricorno), 2864 m, secondo una leggenda degli antichi Slavi , rappresenta il dio con tre teste che veglia sulla terra, sul cielo e sul mondo sotterraneo.
Il motivo celtico del triskel (Fig.4)( tri-sceal, tre storie) rappresenta i tre elementi (acqua terra fuoco) . In questa cultura, la triade triplica l'intensità e la maestà.


Fig.4 Il triskel celtico


Molti gli oggetti legati al simbolismo del numero tre. E spesso essi, come pure le credenze, sono magicamente legati tre a tre.
Un oggetto magico è il tripode, legato a fuoco e cielo come dinamismo e comunicazione, donde l'uso del tripode nell'oracolo (Fig.5), in cui si manifestava la volontà degli dei.


Fig.5 Statere di Siracusa: il tripode delfico


Anche il tridente, con i suoi tre rebbi, simbolo di Nettuno, rappresenta simbolicamente i denti dei mostri marini divoratori che vivono nelle umide grotte, simbolo di una madre divorante che vuole ricondurre al nulla, annullando lo scorrere del tempo. (Fig.6)


Fig.6 Nettuno col suo tridente, in una Incisione cinquecentesca


Accoppiato alla rete, è per i Cristiani simbolo del Cristo pescatore di anime; avendo le tre punte eguali, è pure simbolo trinitario. Nelle Catacombe, era anche simbolo della Croce.
E' anche emblema solare e della folgore ( i lampi sono rappresentati dalle punte).
In India il tridente, trishula, importante emblema di Shiva e della dea Kali, trasforma il mondo: con riferimento al tempo, le tre punte, trikala, rappresentano passato, presente e futuro, o anche inerzia, movimento ed equilibrio.


Fig.7 Trishula indiana


Nella simbologia alchemica, è simbolo del fuoco e del cuore.

E' incentrato sul tre il simbolo stesso della Sicilia, la Trinacria, triplo pesce con una sola testa, o più comunemente testa di Gorgone con tre gambe, flesse all'altezza del ginocchio, che convenzionalmente alludono ai tre promontori. Le tre gambe sono state collegate alla ciclicità del tempo.
A Beja, Tunisia, su una statua del dio del tempo, Baal, c'è un simulacro circolare simile, su un toro.
Ancora: in Asia minore, tra il VI e il IV secolo a.C., sulle monete di varie città si trova effigiata la Trinacria. Anche a Creta e nella Spagna celto-iberica si trova lo stesso simbolo.

Per quanto riguarda i miti, tra i più antichi, vi è il mito del sole, cui tra gli altri era interessato Macrobio , come dimostra il suo commento del 1483 al Somnium Scipionis di Cicerone, in cui tratta neoplatonicamente delle idee pitagoriche del ruolo previlegiato del sole nell'animare il mondo, e ci riporta ai miti delle origini e alla nascita del mondo e degli dei, di cui conosciamo narrazioni in quasi tutte le culture.

Legati al tre sono pure i miti lunari.
La luna, per i suoi vari aspetti, è stata spesso descritta come triplice, metafora di vita, di morte e di rinascita, in una parola l'arco stesso della vita, intrecciato con le vicende del tempo.
D'altronde, un altro suo nome, da una radice frigia, Mene, significa, nella radice me-, "misura", da cui, presumibuilmente, il latino mensis, mese, che originariamente indicava il lasso di tempo intercorrente tra due lune nuove.
Eusebio di Cesarea (nato forse a Cesarea di Palestina,265 d.C.) descrive tre aspetti della Luna: il primo è quando comincia a mostrarsi, : per questo, i suoi simulacri venivano rivestiti di vesti bianche e d'oro, e nella sua mano veniva posta una fiaccola accesa; il secondo allude a quando la sua luce è giunta a metà, per cui veniva preparata una cesta colma di frutti, ad indicare la loro crescita in virtù della luce; nel terzo aspetto, in cui la luna è nella sua pienezza, la sua immagine veniva ricoperta di vesti scure.
I poeti hanno cantato questi suoi mutevoli aspetti.
Virgilio attribuisce alla Luna (Diana sulla terra) tre teste: " tria virginis ora Dianae" (Eneide, 4, 511) , in quanto dea della luna, della caccia e degli animali, quindi triforme, dalle tre nature, con tre nomi diversi: Diana, dea della fertilità, (corrispondente alla Selene o Semele della mitologia greca). Ecate, luna nera mortifera, Artemide (corrispettivo della Diana latina), la cacciatrice, femminilità in crescita positiva, ad Atene raffigurata con tre teste.
La luna come Selene, da selas, splendore, è cantata da Esiodo nella Teogonia: " Teia Sole grande e la splendida Luna (Selénen)...generò, giacendo con Iperione in amore" (Esiodo, Teogonia, 371-374).
Nell' Inno omerico XXXI ad Elios si canta: "indossata la veste lucente, la divina Selene, aggiogati i bianchi puledri dal collo robusto, lancia in avanti il cocchio splendente e appare, dopo il tramonto, al culmine del mese.".
Saffo, nel 600 a.C., canta " Le stelle intorno alla bella luna / celano il volto luminoso/ quando, al suo colmo, più risplende / sopra la terra" ( Poesie, frammento XVII), e ancora: "Selene dalle dita di rosa / vince tutte le stelle" (Poesie, frammento XXXXVII).
Ricevendo luce dal Sole, le era sacro l'alloro di Apollo, e anche il papavero, simbolo della città, in quanto alcuni filosofi credevano che la Luna fosse abitata da molte persone.
Col nome di Ecate, invece, viene rappresentata la luna nuova, come la luna nera mesopotamica, simbolo di morte da cui tutto rinasce, potente in cielo, in terra e sui mari, legata al mondo della magia. Per tali sue prerogative, fu considerata dea degli Inferi. Ricordiamo una immagine particolare tricefala di Ecate, menzionata in un inno del Papiro magico di Parigi, ove si parla della luna Trivia, signora delle tre decadi, con tre volti, che consistono in una rozza testa umana, o di cinghiale, a rammentare Diana cacciatrice, con a sinistra una testa di cane, e a destra una testa di cavallo, o di bovide, o di capra, o di pantera .
La figura di Ecate è molto interessante.
Fu rappresentata come trifronte per sorvegliare meglio i crocicchi.
Per quanto Ecate ellenica ed ellenistica possa avere aspetto di 3 figure femminili distinte, la si trova anche come erma o figura unica tricipite (appunto l'aspetto di trivia), venerata , come si è detto, ai crocevia, in Grecia col nome di Triodits: con tre corpi o tre volti che guardano in tre direzioni (come nel Bronzetto della Biblioteca Nazionale di Parigi) o tre volti tutti eguali su un unico collo ( come in una terracotta di Smirne), o altre variazioni sul tema .
Ecate è una delle personificazioni di Artemide Persefone ( la Proserpina latina), in quanto collocata sottoterra come sposa di Plutone o Ade.
Secondo alcuni, Orfeo le avrebbe attribuito tre volti, proprio in quanto la Luna ci mostra vari aspetti di sè, Luna nei cieli, Diana sulla terra, e Proserpina negli Inferi. Artemide era la sorella gemella di Apollo ( a sua volta identificato col sole), amante della caccia, raffigurata con l'arco e la faretra, incoronata da una falce di luna crescente, votata alla castità, e protettrice delle giovani vergini, e delle Amazzoni, simbolo della femminilità in espansione e crescita, nel pieno del suo vigore. La dea veniva anche raffigurata con tre corpi e tre teste: di cane, di leone e di giumenta. (Fig.8)


Fig.8 Incisione cinquecentesca raffigurante Ecate triforme


Tutto ciò potrebbe far pensare che il concetto di tre potrebbe venire, o addirittura originare, dall'osservazione delle fasi lunari, scandite da un ritmo tre più tre (nuova, crescente prima del primo quarto, e poi primo quarto; piena, ultimo quarto, decrescente dopo l'ultimo quarto), quindi dalla invisibilità alla presenza piena, il che potrebbe aver dato origine alla metafora delle tre età della vita dell'uomo, dalla sua apparizione alla sua scomparsa.
Questa realtà, non a caso, è per l'appunto, come già si è accennato, l'enigma che la Sfinge pone a Edipo, enigma fondamentale, legato alla speculazione più immediata, riguardante l'uomo stesso e la sua vicenda terrena.

Questo ci riconduce ai più arcaici scritti che si muovono in tale area, e precisamente alle Cosmogonie e Teogonie più antiche.
Nelle antiche Cosmogonie, si parla di tre diluvi, il diluvio ogigio, una seconda inondazione e quella atlantidea, prima di quella di Deucalione e Pirra, l'unica e ultima rammentata dai Greci, tutti connotai da elementi comuni: un dio che avvisa un vecchio saggio dell'imminente diluvio, e che gli suggeriisce la costruzione di un'Arca per salvare la stirpe umana su un monte, simbolo di rigenerazione spirituale.
Canta il greco Esiodo nella Teogonia (VIII secolo), una delle più antiche cosmogonie occidentali: " Dunque, per primo Caos, e poi / Gaia dall'ampio petto, sede sicura per sempre di tutti/ gli immortali che tengono la vetta nevosa d'Olimpo,/e Tartaro nebbioso nei recessi della Terra dalle ampie strade,/poi Eros, il più bello tra gli immortali/...Da Caos nacquero Erebo e la nera Notte./Da Notte provennero Etere e Giorno/...Gaia per primo generò, simile a sè,/Urano stellato/...con Urano giacendo, generò Oceano dai gorghi profondi/...e dopo di questi, per ultimo, nacque Crono..." (vv 116-133). E' notevole che, nella Teogonia di Esiodo, compaiono ben quindici triadi divine, e spesso, nelle genealogie, si ricerca quasi di proposito il numero tre.

Nella Teogonia Orfica , che probabilmente si ispira anche ad Esiodo, compare un Kronos, figura cosmologica primordiale, con tre teste di drago, e col capo attorniato da una testa di leone e una di toro, che genera la triade Etere, Caos ed Erebo.

Ferecide di Siro, (metà del VI secolo a. C.), mitografo e naturalista, maestro di Pitagora, una delle più antiche fonti della concezione orfica , presenta Kronos, Zeus e Chtonie, tre entità primordiali. Da Kronos sono nati gli elementi fondamentali: il fuoco, il soffio d'aria e l'acqua. Il Tempo è dunque la prima causa di tutte le cose. Il principio dell'essere non è la materia, ma il tempo, elemento spirituale, da cui provengono le materie fondamentali stesse

All'inizio, sempre, in questi racconti troviamo il caos, l'unione di terra e cielo senza futuro, in fondo sterile, in quanto Urano divorava i propri figli. Alla terza generazione degli dei, per opera di Zeus, finalmente l'ordine si instaura nel mondo.
I vari passaggi che portano all'instaurarsi dell'ordine cosmico, combattendo mostri ed esseri primordiali, sono descritti in Teogonie e Cosmogonie. L' ordine è considerato sotto il duplice aspetto di legge naturale che governa gli eventi e di legge morale che guida la condotta umana.
Un simile compito non poteva che essere svolto da un sommo dio, perciò Zeus viene ad assumere universalmente il grado più importante tra tutte le divinità.
È interessante notare che anche nella rappresentazione di Zeus ritorna il trifrontismo: infatti una delle sue tante prerogative è di essere triocchiuto, quindi onniveggente: inoltre, fa parte della potentissima trinità con Atena ed Ermes (Ovidio, Metamorfosi, 4, 753 ss).

Dunque, siamo sempre sotto l'egida del numero tre, in questo caso prerogativa di esseri altamente positivi per lo sviluppo dell'umanita'.

Tra queste figure positive vi sono anche figure femminili, come le Ninfe, le tre mitiche fondatrici della Sicilia ( da cuo i tre capi, Capo Pachino, Capo Peloro, Capo Lilibeo), o le nove Muse ( moltiplicazione di una originaria triade), o le Baccanti.
Le figlie della martire cristiana Sofia erano tre, Fede, Speranza e Carità, anch'esse martiri sotto Adriano.
Sempre nell'universo cristiano, la leggenda delle tre Marie (Maria Vergine, sposa di Giuseppe; Maria di Cleofa, sposa di Alfeo; Maria di Salomè, sposa di Zebedeo).
Si può osservare che, anche quando tre figure divine starebbero a sè in maniera indipendente, la tradizione spesso le lega a tre a tre nel culto tributato dai fedeli.

Sempre con rapporto al sacro, e alle divinità, il tre è principalmente espressione di totalità: la Grande Triade è composta di cielo, terra e uomo, loro figlio.
Presso i Sumeri, c'erano tre categorie di divinità: dei del cielo, della terra e dell'acqua.
Nei testi sacri dell'India esistono tre tipi di dei: del cielo, dell'aria e della terra.
Nel Nepal, un kalasa, con figure umane (tardo periodo Kirati, circa 900 B.C. / 300 A.D., ora al Museo di Kathmandu).
Altre figure a tre teste sono frequenti a Katmandu, come a Chusya Baha, Muro sud interno, II livello.
Così pure, nelle civiltà himalaiane, nella Cambogia, nella grande scultura del Bodhisattva Lokesvara, il Budda con la compassione, con la Paredra (Fig.9)

Fig.9 Lokesvara con la paredra, bronzo dorato, XVII secolo, arte himalaiana


e Shiva e Parvati del XVII secolo (Fig.10).


Fig.10 Shiva e Parvati, scultura in legno dipinto del XVII secolo, cultura himalaiana


Per il Buddismo, il Triratna è il triplo gioiello, Buddha, Dharma (o dottrina) e Sangha (ordine monastico e comunità dei credenti).
Per gli Indù, la manifestazione divina è la Trimurti, espressione dell'assoluto, a sua volta tripla: Brahma,dio dell'origine, Visnù, signore dell'esistenza, e Shiva, che periodicamente dissolve il cosmo per preparare una nuova esistenza.
In Cina, gli Hi e gli Ho, signori del sole e della luna, sono tre fratelli.
Tre sono gli dei vedici, Indra, Varuna e Mitra.
Loro corrispettivi sono i tre Signori dell'universo della Triade Indoeuropea, i tre fratelli: Zeus, Poseidone e Ades, figli di Cibele: il loro triplice aspetto maschile è rafforzato dai tipici attributi: il fulmine-scettro di Zeus con tre raggi verso l'alto e tre verso il basso; il tridente di Poseidon; le tre teste del cane Cerbero che impediscono alle anime dei trapassati di uscire dal regno di Ades.

Presso i Celti, si riteneva che i mondi fossero tre: quello superiore, il Cielo, quello di mezzo, la Terra, e quello inferiore, il Mare, in cui attendere la rinascita. Il Tryskele, già ricordato, ne è il simbolo.

Nei tempi remoti della cultura Inca, veniva venerato un solo dio, Illapa, fulmine sovrano del cielo e della terra, in tre persone, padre, figlio e figlio minore.

In tempi storici a noi più vicini, per il Cristianesimo, Dio è uno e trino, e ne è espressione la Santissima Trinità: anche in questo caso, il tre sembra essere il numero perfetto.
Papa Urbano VIII, tuttavia, l'11 agosto 1628, decise di vietare la rappresentazione della Santissima Trinità sotto forma di tricefalo [62] MACRI, Dominici. "Hierolexicon sive Sacrum Dictionarium in quo ecclesiastice voces... elucidantur". Venetiis, MDCCLXV. Pag. 378. Voce Icona]
Questa fu la causa della distruzione di un gran numero di queste raffigurazioni artistiche. Si veda a questo proposito un'antica raffigurazione della Trinità con tre teste, nella Celeste Basilica a Città di Monte Sant'Angelo, il centro più elevato del Gargano (Puglia), sfigurata in seguito al divieto papale. Il bassorilievo rappresenta le tre persone della Santissima Trinità, come una monumentale figura unica, con due mani e tre teste in visione frontale ( in seguito, nell'iconografia cristiana, la colomba dello Spirito Santo prenderà il posto della testa centrale).

Dunque, presso moltissime tradizioni religiose o sistemi filosofici, il sistema ternario, assai importante, si riferisce generalmente alla diverse facce di un unico dio, di cui manifestano la potenza.

In campo letterario, dopo i miti dell'epoca storica classica, favole, leggende e saghe di ogni tempo e paese previlegiano il numero tre, che compare assai spesso nelle narrazioni.
Il giuramento, secondo antichissime tradizioni, diveniva più sacro se fatto alla presenza di tre testimoni, o in nome di tre divinità, o di tre attributi di uno stesso dio: Solone (640-588 a.C), agli inizi del V secolo a.C., nelle Tavole della legge incise su lamine bronzee, aveva prescritto che il giuramento venisse fatto in nome di tre dei.
Nelle antiche chansons de geste, in lingua d'oc e in lingua d'oil, è uso che il re per tre volte inviti un cavaliere ad intraprendere una missione pericolosa: alla terza volta, il volontario si fa avanti.
L'eroe che si accinge a lottare contro un demone, preannucia che lancerà tre gridi: quando vedrà il demone, nel momento della lotta e in quello della vittoria.
Far roteare l'avversario tre volte sulla propria testa prima di ucciderlo faceva pure parte del rituale dei cavalieri.
In molte favole, alzarsi e sedersi tre volte indica rispetto ed ammirazione.
L'aquila della prosperità si posava tre volte sul capo del prescelto a succedere a un re morto senza discendenza.
Molte preghiere vengono ripetute tre volte e, spesso, alla terza ripetizione, esse vengono riunite in una sola, quasi attualizzazione dell'idea della originaria triade divina.
Nella letteratura italiana, nell'Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri, è indimenticabile l'immagine delle tre fiere che si fanno minacciosamente incontro a Dante nella selva oscura, tradizione medievale giunta al Poeta probabilmente tramite i suoi maestri, Virgilio e Brunetto Latini
Ancora, nel XXXIV canto dell'Inferno, dove troviamo i traditori della Chiesa e dell'Impero, bloccati nel ghiaccio in posizioni diverse, al centro della quarta zona l'enorme mole di Lucifero sta conficcata nel ghiaccio, e la sua testa ha tre facce di tre differenti colori: la sinistra è nera, quella centrale è rossa, la destra è giallastra. Sotto ogni faccia, due grandi ali di pipistrello, che agitandosi generano tre venti che gelano la superficie di Cocito. Dai sei occhi escono lacrime che si mescolano al sangue di tre grandissimi peccatori, Giuda, Bruto e Cassio, masticati in eterno dalle tre bocche.

Nel campo della rappresentazione figurativa, in tempi non molto lontani da noi, e nell'ambito dell'arte occidentale, la prima immagine che mi balza alla mente è la splendida tela di Tiziano, Il tempo governato dalla prudenza, esposta alla National Gallery di Londra. Nel dipinto sono rappresentate appunto le tre età dell'uomo, attraverso la raffigurazione di tre teste umane raffigurate una di prospetto, la maturita', e due ad essa laterali, a sinistra la vecchiaia, a destra la giovinezza (secondo quanto tramandatoci, i volti dello stesso Tiziano, del figlio Orazio e del nipote Marco); fanno da pendant alla raffigurazione le sottostanti tre teste di animali, al centro il leone, a sinistra il cane, a destra il lupo .

Tiziano riprende la triade di Macrobio del leone con a sinistra il cane e a destra il lupo, svelandone chiaramente la implicita simbologia legata al tempo sotto forma delle tre età della vita, in quanto la sua opera vuole esprimere un elogio della prudenza, che sa servirsi del passato per affrontare il futuro. In alto, a maggior chiarezza del contenuto pittorico, il pittore ha vergato una iscrizione: EX PRAETE/RITO (a sinistra), PRUDEN/TER AGIT (al centro), NI FUTURU[M]/ ACTIONE[M] DE/TURPET, "dal passato prudentemente agisce, per non guastare l'azione futura".
Questa specifica associazione di animali richiama dunque la triplice immagine dai Saturnalia di Macrobio (I, 20, 13 ss), associati alla statua di Serapide in Alessandria, in cui, accanto al sole, appare Cerbero, figura con tre teste di animali, appunto cane leone e lupo, avvolta dalle spire di un serpente; una delle teste, quella di mezzo, è un leone, simboleggia il presente, che ha più forza, rispetto a passato (il lupo rapace che, come il tempo, divora tutte le cose, senza lasciarne memoria) e futuro (il cane, con le piacevoli nuove speranze) .( Fig.11)


Fig.11 Incisione cinquecentesca raffigurante Serape con accanto una figura triforme, secondo la narrazione di Macrobio


Si tratta di un'immagine ciclica del tempo ( esiste una copia romana di II sec. d.C., restaurata, da originale di Bryaxis. Il dio, rappresentato in trono come giudice dei defunti, è accompagnato dal tricefalo Cerbero. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. )
Serapide era un dio egiziano dell'epoca tolemaica e romana, risultante dalla commistione della divinita' Api, o Osiride-Api con un dio estraneo all'Egitto, più tardi identificato con Plutone, Esculapio o Giove.
Accanto a Serapide, si trova sempre Cerbero, il custode dell'Ade, regno dell'oltretomba, che veglia affinchè nè i morti escano, nè entrino i vivi, cane tricefalo, con tre teste, diverse secondo le varie tradizioni: o , come abbiamo visto, con testa centrale di leone, di cane a destra e di lupo a sinistra, o secondo Apollodoro, con tre teste di cane, una coda di drago,e lungo la schiena gli spuntavano teste di serpente di ogni tipo (Apollodoro, Biblioteca, II, 12). Nei bronzi della Biblioteca Nazionale di Parigi, c'è una interessante variante: la pantera sostituisce il lupo.
Costituisce l'oggetto dell'ultima delle dodici fatiche di Ercole ( raffigurata in una pregevole anfora greca a profilo continuo del pittore di Andokides), che nell'Odissea Ercole stesso racconta ad Ulisse; Orfeo, sceso negli Inferi alla ricerca dell'amata Euridice, si imbatte lui pure in Cerbero, e così pure Enea, che lo addormenta con una focaccia soporifera, come canta Virgilio. Dante a sua volta lo pone a guardia del girone dei golosi: "...Cerbero, fiera crudele e diversa,/con tre gole caninamente latra/sovra la gente che quivi è sommersa." ( La Divina Commedia, Inferno, VI, 13-15).(Fig.12)


Fig.12 Dante getta l'offa a Cerbero. Incisione di Gustave Doré


Altro mostro a tre teste, come Cerbero della stirpe di Echidna e Tifeo, era la Chimera, una capra che sputava fiamme: aveva teste di leone e di capra, e la terza, di serpente, alla sommità della coda.Veloce come il vento, inceneriva col suo fiato.Bellerofonte, con l'aiuto del cavallo alato Pegaso, la colpì a morte .

Nella mitologia greca, Echidna con Tifeo e la loro progenie, mostruosi esseri primordiali, commisti di fattezze umane e animali, rappresentavano ostacoli all'instaurarsi dell'ordine cosmico.
Echidna, che viveva fuori dal mondo, nella grotta Arima, aveva aspetto di donna ma la parte inferiore del corpo serpentiforme. Tifeo era un mostro con cento teste che vomitavano fiamme, descritto pure come un gigante alato con le gambe serpentiformi, o come serpente, o con orecchie e corna di toro su testa umana, o alato, col corpo coperto di piume .
I loro figli, tutti triformi, rappresentano forze degli inferi e delle tempeste.
Essi si oppongono al bene e al bello (all'Eros, direbbe Platone), all'evoluzione dell'uomo e alla regolazione da parte dell'Io sulla pusionalità, ai fini di dirigerla verso determinati canali controllabili.
Tale regolazione viene finalmente attuata da Zeus, che per primo si incarica di eliminare Tifeo a colpi di fulmine, seppellendolo sotto l'Etna. In seguito, gli subentreranno vari eroi: il principale, Ercole, che durante le dodici fatiche cattura il mostruoso cane con diverse teste e coda serpentiforme, Cerbero, e uccide a colpi di clava Ortro, cane a due teste, con coda serpentiforme, l'Idra, drago policefalo, dal sangue velenoso, Ladon, drago dalle cento teste, oltre al ferocissimo e fortissimo Leone Nemeo.

Edipo, a sua volta, sciogliendo il famoso enigma, che, come è noto, ha a che fare con le tre età dell'uomo, costringe la Sfinge, sorella del leone Nemeo, con volto femminile su corpo di leone alato, a uccidersi (la Sfinge, a sua volta, rientra nel ciclo del tempo in quanto sembra legata al dio solare egizio Ra).
Echidna infine sarà uccisa da Argo panoptes, anche lui figura con tre occhi, di cui una sulla nuca, come secondo alcune tradizioni la stessa Ecate.

Sempre tra i mostri, le Arpie, Aello, Ocipete e Celeno, figlie dell'Oceanina Elettra e di Taumante, avevano volto femminile e corpo di uccello; Virgilio le definisce "brutte",cioè sudice, puzzolenti; Dante, nel XIII canto dell'Inferno, le pone a guardia dei suicidi, nel II girone: "Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno, /che cacciar de le Strofade i Troiani/ con tristo annunzio di futuro danno. / Ali hanno late, e colli e visi umani, /piè con artigli, e pennuto 'l gran ventre;/ fanno lamenti in su li alberi strani." ( vv 9-15). Esse furono vinte dagli Argonauti, i primi mitici navigatori. (Fig.13)


Fig.13 Arpia, da un'Incisione cinquecentesca


Ma le più antiche di tutte erano le Erinni o Furie, tre sorelle, Aletto, senza riposo, Tisifone, punitrice degli assassini e Megera, o nemica. Avevano corpi neri, testa di cane, ali di pipistrello e occhi iniettati di sangue. Personificavano i rimorsi che tormentano orribilmente la coscienza, come i loro pungoli dalle punte di bronzo, con cui tormentavano le loro vittime, specie i parricidi, fino a farle morire.

Le Gorgoni, che con uno sguardo potevano pietrificare, erano tre sorelle, figlie, a quanto narra Esiodo, di Ceto e Forco: Medusa era la più nota, l'unica non immortale, rea di aver giaciuto con Poseidone nel tempio di Atena; poi Euriale, la spaziosa e Steno, la forte.

Loro sorelle e custodi erano le tre Graie, che avevano un solo occhio e un solo dente, che usavano a turno: Enio, Pefredo e Dino

Anche le tre Parche latine ( "coloro che trattengono il filo della vita"), sono legate al numero tre: erano il corrispettivo delle Moire greche, e avevano in mano il destino umano: Cloto tesseva il filo della vita, dispensandola; Lachesi lo misurava e Atropo, "colei che non si può evitare", lo recideva con le forbici .

A loro volta, tre erano le Fatae ( l'etimo deriva da Fatum, destino) dei Galli, analoghe alle pre-celtiche Matres o Matrones.

Le Parche germaniche erano le tre Norne: Urd, il passato, Werdandi, il presente e Skuld, il futuro.

Nella mitologia svedese, le Rune ( lettere dell'alfabeto sacro, 24, divise in 3 famiglie) vengono associate alle Norne: ogni Runa è la rappresentazione completa del Destino.

Facevano parte dell'Olimpo greco anche le tre Esperidi, figlie di Atlante e di Espero, Espera, Egle e Aretusa, custodi dell'albero dalle mele d'oro.


Dunque, il tre sembra alludere a tre stadi diversi di uno stesso essere, quindi un passaggio nel tempo, o anche i tre momenti della giornata, la veglia, il sonno e il sogno, oltre al passaggio attraverso i tre mondi, cielo, aria, terra.

Da tutto quanto abbiamo visto, si potrebbe quindi dedurre che il tre, la triangolazione, sia alla base stessa del pensiero.
Fin dai primordi, sembra costituire la struttura percettiva che permette di individuare e far proseguire di qualsiasi processo attinente al nostro mondo, dando accesso alla funzione simbolica.
Così, la triangolazione edipica, luogo per eccellenza della fantasmatizzazione, con riferimento al superamento della rivalità, permette all'essere umano l'individuazione e l'instaurarsi dell'importantissima funzione della simbolizzazione, tramite il carattere di unione, sintesi e risoluzione.

Si evidenzia inoltre che la presenza del trifrontismo è legata in modo previlegiato alla triade presente, passato e futuro, quindi ad una definizione del tempo, e di conseguenza del concetto di sacro e comunque di trascendenza legato al tempo, nei suoi aspetti positivi e negativi, come dimostra il simbolismo di una parte delle figure trifacies rappresentate in scultura, in tutti i tempi e presso molte culture.
La piccola scultura di Tiglieto contiene gia' in nuce questa profonda riflessione, e , tramite la simbologia della rappresentazione, appare come un primo tentativo da parte dell'uomo di padroneggiare in qualche modo la primitiva angoscia esistenziale, con una elaborazione che si è trasmessa attraverso tempi lunghissimi, per giungere con significato e valore immutato fino a noi.



BIBLIOGRAFIA

APOLLODORO, Biblioteca

GAIETTO, P., (1982), Prescultura e scultura preistorica, Genova, E.R.G.A.



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